Autorità, gentili ospiti,
quando Luciano Violante mi ha telefonato chiedendomi di ospitare un convegno dedicato al nuovo Senato, quale tratteggiato dalla riforma costituzionale ancora in corso, ho accolto con spontaneo entusiasmo la proposta, ritenendola una bella occasione di riflessione sui processi di rinnovamento della funzione rappresentativa, nel contesto dell’attuale crisi della politica e dei partiti e nell’ambito delle relazioni con le istituzioni europee.
Oggi, non solo il Parlamento, ma tutto il settore pubblico vive un momento di profonda e complessa difficoltà. Da un lato, assistiamo a fenomeni degenerativi del sistema politico-amministrativo nei suoi rapporti con l’economia e la società ed a pericolose commistioni di tale sistema con imprenditoria e criminalità. Trame occulte, tutte accomunate dall’uso privato e distorto della cosa pubblica e da una generale, avvilente, caduta etica del Paese e della sua classe dirigente. Dall’altro lato, la lunghissima crisi economica ha acuito l’insoddisfazione dei cittadini per le soluzioni che la politica offre alle loro necessità e aspirazioni e ha reso impellente il ripensamento dei tradizionali meccanismi della rappresentanza, per rinsaldare e arricchire il rapporto fra istituzioni e individui. Un fenomeno, quello della disillusione, dell’apatia e della sfiducia dei cittadini, che è spesso apertamente sfociato nell’anti-politica, nell’anti-europeismo, nell’emergere di nazionalismi e intolleranze che credevamo dimenticati dalla storia.
Questi processi degenerativi devono essere valutati e corretti nel più ampio contesto della partecipazione dell’Italia all’Unione europea che, da una parte, amplia le prospettive e le forme della dimensione parlamentare e rappresentativa e, dall’altra, impone un più rilevante ruolo dei parlamenti nazionali nella valutazione delle politiche pubbliche. D’altronde, il progetto europeo ha forte bisogno di essere rivitalizzato soprattutto lungo tre direzioni: il sostegno al lavoro, alla crescita e alla produzione, attraverso investimenti strutturali e una più flessibile interpretazione dei vincoli di bilancio; il rafforzamento del peso geopolitico dell’Unione nel mondo, perseguendo unità e solidarietà nella gestione dei fenomeni come terrorismo e migrazioni; infine, una maggiore partecipazione democratica ai meccanismi decisionali dell’Unione.
A proposito dei doveri della politica, anche rispetto ai processi di riforma, io che mi sono affacciato da poco tempo all’esperienza rappresentativa, ho sempre creduto che la missione della politica, di quella con la ‘P’ maiuscola, sia interpretare e dare corpo e sostanza ai bisogni dei cittadini, perseguendo l’interesse generale piuttosto che facili consensi e lusinghe elettorali. La vera sfida futura è nella ricerca di una nuova dimensione etica della politica, basata sulla riscoperta del mandato rappresentativo come servizio alla collettività: un mandato che è libero soltanto se sa superare la ricerca del favore mediatico popolare e incarnare il senso vero e profondo della democrazia. Il primo strumento per questo rinnovamento è il ripensamento del ruolo dei partiti e la loro regolamentazione interna, secondo il parametro del “metodo democratico” richiamato dall’articolo 49 della Costituzione, ancora inattuato. Il secondo strumento si può rinvenire sulle modalità di selezione della classe politica e su una legge elettorale che cerchi di eliminare le disfunzioni, da cui in massima parte dipende la crisi del sistema.
Rispetto all’attualità, sottolineo che la prospettiva della riforma costituzionale non riguarda solo il Senato, ma il Parlamento visto, secondo una felice espressione, come “un unico organo costituzionale articolato nelle due Camere”. Dunque, il superamento del bicameralismo paritario deve essere interpretato come modo per sperimentare nuove forme di esercizio della funzione rappresentativa, caratterizzate da un migliore raccordo con i territori e un’efficace proiezione nella dimensione europea. A quest’ultimo proposito è importante che, anche attraverso un’attenta riforma dei regolamenti parlamentari, il Parlamento si esprima ad una sola voce per fare valere gli interessi nazionali nel dialogo con il Parlamento europeo, le altre istituzioni dell’Unione, e le assemblee nazionali. In questo senso la riforma costituzionale ha già approvato, con doppia deliberazione conforme, l’integrazione funzionale, secondo criteri di efficienza e razionalizzazione, delle amministrazioni di Camera e Senato, mediante servizi comuni, impiego coordinato di risorse umane e strumentali ed altre forme di collaborazione; e l’istituzione del ruolo unico del personale dipendente e la creazione dello status di Parlamentare.
Inoltre, sia in ambito europeo, sia in ambito interno, il Parlamento italiano dovrà imparare a comprendere e valorizzare la politicità delle funzioni non legislative: penso alle funzioni di indirizzo, controllo e valutazione rimaste per troppo tempo residuali nel nostro ordinamento ed oggi più che mai rilevanti anche nella prospettiva europea. Penso in particolare a quegli strumenti, come il controllo di sussidiarietà, il dialogo politico o l’iniziativa della green card promossa dalla House of Lords, che offrono ai parlamenti l’opportunità di partecipare, in chiave costruttiva, al procedimento decisionale europeo. Su questa linea, la riforma costituzionale in itinere introduce nell’ordinamento parlamentare la nozione di controllo, che prima non era riconosciuta dalla Costituzione, e attribuisce al Senato la funzione della valutazione delle politiche pubbliche, che finora nell’esperienza italiana non era considerata strettamente parlamentare. Questa funzione qualificante del nuovo Senato, consisterà nella realizzazione di valutazioni sostanzialmente tecniche, sia ex ante, sia ex post, delle condizioni di adozione e di attuazione delle politiche pubbliche. Sarà molto interessante per chi se ne occuperà (politici, funzionari, studiosi) caratterizzare questa nuova funzione in termini parlamentari, in una prospettiva evolutiva del nostro sistema.
Concludo con l’auspicio che nei prossimi mesi si compia l’importante percorso di riforme costituzionali, mentre nuove risposte si attendono dalla Corte costituzionale su temi (come l’autodichia) che da sempre identificano la sfera di autonomia parlamentare. Al tempo stesso, mi auguro che al livello dell’Unione europea si trovino assetti idonei a migliorare l’interazione dei parlamenti nazionali con le istituzioni europee. Una prospettiva entusiasmante per tutti coloro che, fedeli difensori della nostra democrazia, continuano ad amare il nostro Parlamento. Grazie