Intervento alla presentazione del 10° Rapporto annuale Federculture 2014
Caro Ministro, caro presidente Grossi, Autorità, Gentili ospiti,
è per me un onore e un piacere poter accogliere in Senato la presentazione del Rapporto annuale Federculture, che quest’anno celebra il suo decimo anniversario. Nel salutare tutti i relatori vorrei rivolgere un ringraziamento sincero a Roberto Grossi non solo per il lavoro svolto nel coordinamento di questo decimo Rapporto, ma soprattutto per la scelta del titolo, a mio parere straordinariamente convincente. La visione della cultura quale “alternativa alla crisi per una nuova idea di progresso” riassume infatti quello che, a mio parere, è l’obiettivo che deve muovere tutti noi nella modulazione di una “nuova” politica per la cultura.
Come ho avuto modo di sottolineare nella prefazione del Rapporto, sono convinto che il nostro patrimonio culturale sia una leva fondamentale per la ripresa economica perché, come diceva Aristotele, “La cultura è un ornamento nella buona sorte, ma un rifugio nell’avversa“. Il nostro Paese ha le risorse e le capacità per elaborare un nuovo paradigma di crescita che metta al centro la cultura, la valorizzazione del patrimonio artistico e paesaggistico, il turismo.
L’Italia deve imparare a riscoprire nella propria identità le risorse strategiche per riconquistare competitività sul piano industriale anche nel settore culturale. Non è casuale che proprio l’art. 9 della nostra Costituzione parli insieme di sviluppo, cultura, ricerca e tutela del patrimonio. Proprio sull’articolo 9 della Costituzione venerdì scorso è stato lanciato, qui in Senato, un concorso dedicato agli studenti, e l’oggetto ricalca esattamente quello del dibattito di oggi: “Cittadinanza attiva per superare la crisi attraverso la cultura e il patrimonio storico artistico”. Segno che questo tema è finalmente entrato con la serietà che merita nel dibattito del nostro Paese, e mi aspetto grandi idee dalle ragazze e dai ragazzi che parteciperanno, perché i valori espressi dalla nostra Carta costituzionale devono tornare vivi e vitali nel Paese a partire proprio dai più giovani.
Per rendere attuali questi valori e per valorizzarne le sinergie reciproche, la nuova politica per la cultura deve partire da una visione insieme realistica e, consentitemelo, anche utopistica delle potenzialità di questo settore, una politica che sappia costruire il futuro guardando alle dinamiche di lungo periodo piuttosto che alle contingenze della quotidianità. Il nostro realismo deve partire da una conoscenza approfondita delle tendenze e delle capacità del patrimonio culturale italiano, che collocano il Paese ai vertici delle classifiche mondiali. L’Italia è un Paese “fondato sulla bellezza”: siamo al primo posto per numero di siti(49) protetti dall’UNESCO, per numero di edifici storici, musei, teatri. Eppure, allo stesso tempo, l’Italia è nettamente al di sotto della media europea in termini di incidenza percentuale della spesa dedicata al settore “ricreazione e cultura” sul totale dei consumi. I dati Istat diffusi nel febbraio 2014, e riferiti al 2011, pongono infatti l’Italia al 21° posto nella classifica dei Paesi europei (guidata dalla Finlandia). Le famiglie italiane hanno destinato alla cultura il 7,3% della propria spesa, a fronte dell’8,8% della media europea. Preoccupa inoltre la tendenza, già fotografata dal Rapporto Federculture dello scorso anno, che testimonia, nel 2012, dopo un lungo trend di crescita costante durato oltre dieci anni, un significativo calo della spesa per cultura e ricreazione delle famiglie italiane, pari addirittura al 4,4%.
Anche nel settore del turismo, la componente culturale del nostro Paese continua ad esercitare una grande spinta motivazionale ai viaggi, eppure l’Italia compare in quinta posizione tra i Paesi più visitati, dopo Paesi con una minore dotazione culturale (Francia,Usa,Cina e Spagna) seguita da Turchia e Germania. E’ colpa nostra, di quello che viene definito “Sistema Paese” che non trova le sinergie giuste per capitalizzare un patrimonio ineguagliabile. Perché, a fronte della motivazione, spesso i turisti stranieri, a partire dai più lontani ma anche da quelli con più disponibilità a spendere, faticano a raggiungerci: pochissimi i voli diretti con la Cina, il Giappone e la Russia rispetto ad altri Paesi europei, ad esempio. Ma non é solo un problema di collegamenti aerei. Per trovare il primo museo italiano tra i più visitati al mondo dobbiamo arrivare al 21° posto con gli Uffizi di Firenze.
Questi dati confermano che l’Italia può e deve imparare a sfruttare meglio le proprie risorse culturali, sia nel mercato interno che rispetto ai potenziali consumatori esteri. Occorre quella che oggi si chiama economia creativa, che riesca a collegare e a coordinare settori che possono sembrare ininfluenti. Dobbiamo saper pensare a nuovi moduli di valorizzazione di questo patrimonio fondati su una solida cooperazione interistituzionale e su una virtuosa collaborazione pubblico-privato. Molti sono gli spunti ed anche le “buone pratiche” richiamate nel Rapporto. Penso ad esempio a quella che viene chiamata l'”anomalia positiva” della mia Sicilia e che si riferisce alla gestione pubblico-privata del Palazzo Reale di Palermo. Nella Parte III del Volume, dedicata agli “scenari possibili per una vera collaborazione con i privati”, è tracciato il percorso che idealmente deve accompagnare le sinergie tra pubblico e privato, le quali nascono dalla capacità di semplificare le procedure autorizzative, dalla ricerca di alleanze nei finanziamenti misti, dall’utilizzo delle sponsorizzazioni private quali strumenti e progetti di successo.
Dobbiamo imparare ad affrontare la programmazione culturale con quella logica manageriale che sa guardare alla domanda del mercato per scegliere come modulare l’offerta, ma che al contempo sa anche vigilare sugli standard dei programmi offerti al pubblico, con l’intento di salvaguardarne la qualità.
La nuova politica per la cultura che tutti noi auspichiamo, infatti, e di cui il Ministro Franceschini ha già delineato efficacemente gli aspetti in molti suoi interventi, non è solo una strategia economica per affrontare in maniera costruttiva la crisi in atto. Non dobbiamo infatti mai dimenticare la profonda valenza sociale di questo settore: la dimensione culturale è direttamente collegata alla crescita del reddito pro capite e contribuisce a plasmare in maniera determinante il capitale sociale di un paese, utilizzare al massimo gli aspetti della propria identità introvabili in altri Paesi. Mi viene in mente un’immagine della mia Sicilia:una donna che a novembre con le maniche corte sorbisce un gelato estasiata dalla valle dei templi di Agrigento, o dal barocco di Noto, e sullo sfondo il mare. Vanno presi in considerazione tutti i settori: cinema, teatro, TV, editoria, festival, ma anche musei, monumenti, biblioteche, ambiente, agricoltura, enogastronomia, turismo, eventi sportivi, artigianato, moda, design, architettura, grandi griffe, comunicazione informatica. A mio avviso sarebbe ora di creare il superministero del Turismo, con poteri di coordinamento degli altri ministeri interessati, come Ambiente, Infrastrutture, Sviluppo economico, Economia, Agricoltura (oggi in ascesa del 14%), Lavoro, Istruzione e naturalmente Beni culturali:
Non possiamo sottovalutare, a questo proposito, i gravi squilibri che ancora oggi attraversano la nostra penisola, a causa della forte differenza tra la spesa totale delle famiglie nel Nord Ovest, pari all’8,5, e il Mezzogiorno, pari al 5,7%. Questi dati sono il segnale che molto dobbiamo ancora fare per rilanciare la domanda di cultura, specialmente in alcune aree del Paese; in nome di tale obiettivo, è prioritario investire sull’educazione alla cultura, promuovendo programmi rivolti in particolare ai giovani, fin dalla prima infanzia e che garantiscano anche la fiducia e la sicurezza. A questo proposito non possiamo limitarci a fare i nostri migliori auguri a Matera, scelta come capitale europea della cultura, ma dobbiamo affiancare il sindaco Salvatore Adduce, che saluto, e fare di questa la sfida non solo di una città – bellissima, davvero unica al mondo – ma di tutto il mezzogiorno. Potranno esserci ritorni positivi in termini economici, di indotto e di immagine per tutto il nostro Sud, ma lo Stato dovrà impegnarsi per garantire, tra le altre cose, che tutti possano raggiungere Matera con una rete di trasporti adeguata.
Una politica culturale espansiva è una importante risorsa anche per la politica. Saper guardare alla cultura quale nuova idea di progresso significa anche scardinare i miti radicati nell’immaginario comune che vedono nella cultura un diversivo, quasi una distrazione, dai problemi del Paese e dalla gestione della “cosa comune”. Al contrario, il binomio “cultura e politica” registra un’alleanza strategica, su cui anche le istituzioni devono sapere scommettere, per far riscoprire l’identità del nostro essere italiani. Un esempio di come si possano scardinare i luoghi comuni lo sta provando a dare la città di Taranto: conosciuta oggi come la città dell’Ilva e dell’inquinamento sta trovando una sua propria strada con un progetto ambizioso. Guardare al futuro a partire dalla sua storia antica e proporsi come unica città spartana nel mondo, intercettando in questo modo i milioni di cittadini che nel mondo sono legati al mito di Sparta.Devo confessarvi che, prima di imbattermi nello studio relativo a questo progetto, nemmeno io immaginavo fossero così tanti ma tra la passione storica, quella sportiva e quella mediatica ho scoperto che esiste un brand “Sparta” che può davvero rappresentare un volano per una città così sofferente. Nella Prefazione a questo Rapporto ho auspicato per il nostro Paese un nuovo “Rinascimento culturale, tecnologico ed industriale”, legato all’arte e alla cultura.
Quello che serve all’Italia è un’età di cambiamento, un rinnovamento etico e culturale che sappia radicare in tutti noi una nuova coscienza culturale. Sono certo che la diffusione del Rapporto, che sapientemente individua le politiche, le azioni e gli scenari per fare della cultura una vera alternativa alla crisi, offrirà un contributo importante al raggiungimento di questi obiettivi. Ringrazio ancora Federculture per l’impegno profuso nella pubblicazione di questo Volume e in generale per l’impegno che quotidianamente svolge nella promozione della cultura e della sua fruizione ed accessibilità a tutti i cittadini.
Prima di salutarvi colgo l’occasione anche per annunciare una importante iniziativa che vede il Senato insieme al presidente Grossi e al “Sistema delle Orchestre e dei Cori infantili e giovanili in Italia” da lui presieduto. Come ricorderete l’Orchestra del Sistema è stata protagonista del Concerto di Natale in Senato dello scorso anno, e la grande emozione e il grande entusiasmo suscitato ci hanno spinto ad organizzare un evento ancora più importante, reso possibile grazie anche al contributo del Mibact e del Dipartimento per le politiche giovanili. Domenica prossima, in occasione della riunione plenaria della Cosac all’interno della dimensione parlamentare del Semestre italiano di presidenza del Consiglio dell’Unione Europea, l’Orchestra suonerà insieme a quella del Sistema venezuelano da cui tutto è partito, diretti da Dietrich Paredes e alla presenza del Maestro Abreu. Sarà un segnale concreto per dire a tutti ai rappresentanti dei 28 paesi europei presenti che le Istituzioni italiane credono nella musica, nell’arte e nella cultura come mezzo per affrontare la crisi economica e soprattutto per dare ai giovani una speranza di cambiamento.
A tutti voi porgo il mio più sincero augurio per la prosecuzione di questo confronto, che mi auguro sappia unire al realismo nella diagnosi anche una sapiente dose di utopia nella modulazione di una politica per la cultura, così che possa offrire ai nostri giovani di riscoprire la vocazione culturale della nostra tradizione e, insieme, di trovare concrete opportunità di lavoro.
Buon lavoro.